SIAMO FUORI DI TESTA, MA DIVERSI DA LORO…!!!

di Mino Repossini

Uso le parole dei Maneskin perché ben si adattano a descrivere l’unicità di ARI. I Maneskin sono un fenomeno curioso per chi, come me, ama da sempre la musica rock. Faccio parte di quei nostalgici che si struggono all’idea che non nasceranno mai più fenomeni come i Pink Floyd e quando ho visto i Maneskin (fatte le dovute proporzioni) vincere il Festival di Sanremo sono saltato sulla poltrona. Finalmente un gruppo di giovani rockettari, casinisti e irriverenti, conquista l’Ariston! Una soddisfazione per me! Anzi, finalmente giustizia è fatta!!! Ma la cosa curiosa, dicevo, è che non capisco bene il motivo per cui il gruppo di Damiano stia facendo così successo: non rappresentano affatto la musica italiana di oggi. Ascolta la radio, le feste, le discoteche, la televisione, i talent, i social, i cellulari dei ragazzi: nessuno fa quella roba lì… e quindi è proprio vero: “siamo fuori di testa, ma diversi da loro”. 

E così anche l’ARI è diverso da loro.

Per esempio è diverso dall’ACP. Non fraintendetemi, noi siamo una costola dell’Audax Club Parisien ed esiste un contratto dal nome “Convention de partenariat” in cui si stabilisce che il sig. Mino Repossini è il rappresentante di ACP per l’Italia. Questo tizio, poi, si avvale di un’associazione di diritto privato chiamata ARI per gestire le randonnée nel nostro paese. Quindi il subordine con la Francia è scritto nero su bianco e non intendo certo smentire questo concetto basilare. Ci tengo, però, a sottolineare che ARI è cresciuta tanto e ha preso una strada diversa, nel bene e nel male. Se si naviga nel sito di ACP o di Les Randonneurs Mondiaux saltano all’occhio due grandi differenze: il loro sito web è indietro quindici anni rispetto al nostro e il loro unico interesse è gestire le omologazioni.

Non c’è traccia di tutti i servizi dedicati agli organizzatori: da noi, l’asd che organizza randonnée trova la possibilità di gestire in autonomia un mini sito all’interno del portale ARI. In questo spazio, è attivo un servizio per la gestione delle iscrizioni alla singola rando, con relativi sistemi di pagamento; può caricare testi, immagini e link; mettere a disposizione i documenti, come il roadbook e la carta di viaggio; trovare regolamenti e sistemi di assistenza più o meno su tutto ciò che riguarda la propria manifestazione. Persino il fac simile delle lettere da inviare a Comuni e Prefetture.

È come se ARI si ponesse come una specie di tutor per qualunque aspetto del brevetto. ACP non fa nulla di tutto questo. Semplicemente coordina le manifestazioni e gestisce le omologazioni.

In Francia non hanno nulla di paragonabile al nostro Master Audax (ex campionato italiano) e tantomeno un sistema che conteggia i km di ognuno in tempo reale. Hanno altri tipi di premi, come il Randonneur 5000 e il Randonneur 10.000, di sicuro più facili da gestire.

In Francia non hanno nulla di simile all’Italia del Gran Tour, ma questo è comprensibile perché non hanno la moltitudine di bellezze che abbiamo nel Bel Paese.

In Francia si sono inventati una medaglietta per chi fa i brevetti classici (200, 300, 400 e 600 km), mentre in Italia, con lo stesso obiettivo, abbiamo una vera e propria squadra Nazionale azzurra.

I nostri vicini hanno una serie di medaglie che costituiscono un vero e proprio business, al quale l’Italia (grazie a chi ha gestito ARI in passato) non si è mai prestata più di tanto. Vorrebbero venderci medaglie di ogni genere, a partire dal brevetto da 200 km, ma sarebbe assurdo gestire un traffico di spedizioni di questo tipo.

In Francia non esistono i soci ciclisti che, a parte una serie di agevolazioni, sono classificati a tutti gli effetti come soci della nostra Associazione. 

Potrei andare avanti in quanto di differenze ce ne sono molte, ma non è questo il punto: all’ACP interessa poco come una società organizza una randonnée. A lei interessa solo rilasciare l’omologazione.

Lasciano tantissima autonomia agli organizzatori, ma danno una grande importanza all’omologazione. A quel codicino di poche cifre che fa la differenza tra chi ha concluso il brevetto e chi no.

Su mille altre cose, come vedete, siamo più bravi noi e oggettivamente non mi sogno di invidiarli. Sul valore dell’omologazione, invece, dovremmo impegnarci a fare come loro.

Dobbiamo trovare il modo di valorizzare l’ufficialità del brevetto ACP o BRI.

Per esempio, ARI è diversa dalla stragrande delle associazioni Audax degli altri paesi. Quasi tutti gli Audax sono organizzati in modo spartano come in Francia ed è piuttosto raro vedere iniziative particolarmente strutturate. Chi è andato all’estero può confermare quello che sto scrivendo, compresi coloro che hanno partecipato alla Paris Brest Paris. Difficilmente si vedono nazionali ben organizzate. Il Giappone fa eccezione come noi e come il Regno Unito, dove viene pubblicato un magazine. Ma sono eccezioni. In generale, ARI è ben diversa dallo standard.

Per esempio, è diversa da FCI e dagli EPS. Su questo tema rasentiamo il paradosso. ARI si occupa di randonnée da quasi vent’anni e ha imparato a farlo bene. Si è costruita una reputazione solida basata sulla competenza e sull’assistenza agli organizzatori che vogliono cimentarsi in questa disciplina. La reputazione è diventata autorevolezza e questo dà fastidio a qualcuno. Il calendario ARI è assunto come punto di riferimento del nostro ambiente e questo non sempre viene interpretato con favore. Dobbiamo ricordarci che noi siamo un’Associazione di diritto privato e possiamo gestire il “circuito delle nostre manifestazioni”, ma le stesse devono essere approvate ufficialmente da Federazione Ciclistica Italiana o da un Ente di Promozione Sportiva, come ACSI, UISP, CSAIN, CSI eccetera. Solo loro possono ufficializzare una manifestazione o un loro eventuale spostamento, garantendone la copertura assicurativa. Non possiamo arrogarci questo diritto perché non ci spetta. Se cadiamo in questo errore, compromettiamo la nostra reputazione e il nostro ruolo di coordinatori dell’intero settore. 

Per esempio, è diverso dal mondo delle Granfondo, dove al suo interno troviamo tutto e il contrario di tutto: da amatori che sembrano professionisti a persone che fanno le gran fondo perché non sanno cosa sono le randonnée. O persone che non fanno le randonnée perché devono essere a casa per pranzo. Ci sono migliaia di granfondisti che sono in realtà randonneurs, ma non lo sanno ancora…  A noi danno fastidio i granfondisti che fanno le randonnée per allenarsi perché non rispettano la nostra filosofia, lo spirito rando. Siamo fuori di testa, ma diversi da loro e lo dobbiamo gridare a gran voce, non arrenderci al loro passo.

E ancora: il nostro mondo è diverso da quello di coloro che chiamano randonnée manifestazioni che non lo sono, vuoi perché non ne hanno i chilometraggi o vuoi perché hanno parti cronometrate… Oppure è diverso dal mondo delle ultra cycling, con il quale condivide la passione per le ultradistanze e spesso anche i protagonisti, ma di certo non l’intenzione.

Siamo diversi da un sacco di cose e fondamentalmente ci piace così, ma non è facile difendere i confini, specialmente quando i barbari vogliono mettere a ferro e fuoco le nostre insegne.